Lucilla
Si dice che dietro a un grande romanzo ci siano sempre grandi ispirazioni. Talvolta esse si nutrono di realtà, talvolta di ricordi, nell’uno e nell’altro caso hanno carattere personale; universali invece le ispirazioni che si radicano in altre storie. Queste ultime legano i lettori in un senso di comunanza che rimane, che accoglie.
È il caso di Lucilla, primo romanzo di Annet Schaap, celebre e prolifica illustratrice olandese, che intreccia, con una naturalezza che non posso che definire ineffabile, rimandi chiarissimi a Il giardino Segreto, altri a La sirenetta, nutrendoli di innesti pirateschi, del topos fiabesco della madre morta, del fecondo elemento del grottesco, dell’emarginazione, della solitudine, degli elementi simbolici.
E poi il coraggio, la dedizione, l’affidarsi senza remore dell’amicizia, l’amore.
Lucilla è l’unica figlia del guardiano del faro. Il suo vero nome sarebbe Emilia ma il padre non sopporta di chiamarla così, perché è lo stesso della moglie morta, amatissima. Il dolore per questa perdita che li accomuna inficia l’amore che li lega. Il padre di Lucilla è diventato cupo, violento, sempre fuori di sé per via dell’alcool nel quale si rifugia, costringendo la piccola a farsi carico di responsabilità che non dovrebbero esserle proprie.
In una notte di tempesta, tradita dall’amico vento, Lucilla è protagonista di una tragedia che cambierà il corso della sua esistenza. È costretta a cambiar casa, diventa ospite di una villa cupa e lugubre in cui tutto sembra in abbandono, tutto sembra ruvido, umido, ammuffito, persino i sentimenti. Eppure, da quella villa così malandata, abitata da anime malandate e stracche usciranno a popolare la realtà vite nuove, nuovi sentimenti, nuove possibilità, magia e fiaba. [Barbara Ferraro, libreria Il Giardino Incartato, Roma]